Si potrebbe pensare di cucinare un risotto alla melagrana aggiungendo una quantità spropositata di ingredienti. Se ne trovano (in rete e nella letteratura culinaria) moltissime varianti e interpretazioni. Formaggi, triti di frutta più o meno secca, salsicce e molto altro ancora ma…
quando mi sono messo in testa di cucinare la melagrana avevo intenzione di preparare un piatto “minimalista”, così da esprimere il massimo del gusto dell’ingrediente principale, la melagrana appunto.
Il melograno (punica granatum) è una pianta della famiglia delle Punicaceae (o Lythraceae secondo la classificazione APG), originario di una regione geografica che va dall’Iran alla zona himalayana dell’India settentrionale, e presente sin dall’antichità nel Caucaso, e nell’intera zona mediterranea. (wikipedia, https://it.wikipedia.org/wiki/Punica_granatum).
I suo frutti, le melagrane appunto, sono altrimenti dette mele granate, dal latino malum granatum, sono frutti dalla pelle coriacea, inizialmente gialla che tende al rossastro a raggiunta maturità. All’interno sono presenti dei chicchi rosso/aranciati dal sapore acidulo, simile, per alcuni aspetti, al lime.
Si trovano comunemente sui banchi della grande distribuzione in ottobre, diciamo che il periodo coincide con Halloween. Ma non dilunghiamoci troppo, torniamo alla ricetta.
Ingredienti (per quattro persone)
350 gr. di riso Baldo
una melagrana abbastanza grande (500 gr.)
2 scalogni
25 gr. di burro
20/30 gr. di parmigiano
1/4 di bicchiere di vino bianco secco
2 litri di brodo vegetale
sale rosso delle Hawaii
erba cipollina
Preparazione
Preparate il brodo e tenetelo bene in caldo. Mai cuocere un risotto con del brodo freddo. Lo shock termico è da evitare assolutamente.
Sbucciate la melagrana praticando due tagli verticali opposti così da facilitarne l’apertura. Immergetela in una bacinella colma d’acqua ed iniziate a sgranarne i chicchi. La procedura evita che dobbiate re-imbiancare la cucina, il succo della melagrana macchia! A fine operazione vi ritroverete i chicchi (e le mani) puliti e separati dalle varie pellicine bianche (placenta) che li tengono insieme. Mondate i chicchi dalla placente aiutandovi con un colapasta, scuotendo e eliminando le pellicine che galleggiano. Occorre assolutamente evitare che la placenta finisca nel succo; essa è ricca di tannino e conferirà al succo, qualora disciolta, un sapore molto aspro. A proposito… i chicchi non sono chicchi, sono in realtà semi, detti arilli.
Divideteli a metà, una parte vi servirà durante la cottura e come guarnizione finale del piatto; l’altra parte la dovete spremere. Mettete la parte da spremere in uno schiaccia patate. Premeteli fortemente e raccogliete il succo che ne fuoriesce in una boule. Sollevate lo stantuffo e rigirateli con l’aiuto di un cucchiaio o qualsiasi cosa vogliate utilizzare per compiere la manovra; premeteli nuovamente. Fate questa operazione finché non uscirà più succo.
Tritate lo scalogno e ponetelo in una paellera (una padella sufficientemente larga e bassa, tipicamente usata per cucinare la paella ma per il risotto è superlativa). Il riso cuoce molto meglio se la cottura avviene con sviluppo orizzontale. Cuocerlo in una pentola stretta e alta ne altererebbe le proprietà oprganolettiche, oltre che variarne il sapore. Meglio cuocerlo “lasciandolo respirare”. La cottura si allungherà leggermente ma ne guadagnerete in sapore e genuinità.
Non appena lo scalogno si imbiondisce (non fatele cambiare colore, durante la tostaura continuerà a soffriggere) aggiungete il riso e tostatelo per bene finché i chicchi diventeranno lucidi e trasparenti. La tostatura del riso è importante per molti fattori: eliminare l’umidità residua dai chicchi; chiudere i pori dei chicchi stessi in modo che tengano meglio la cottura e tante altre ragione che ne esaltano il sapore e bla bla bla… fatevi un giro in google se volete approfondire ulteriormente.
Sfumare con poco vino bianco e, non appena la parte alcolica sarà evaporata (lo sentite a “naso”) aggiungete il succo di melagrana. Mescolate delicatamente in modo che il succo si ditribuisca uniformamente e colori i chicchi di riso. Continuando a mescolare attendete qualche attimo poi proseguite la cottura del riso tradizionalmente, aggiungendo brodo man mano che il riso si asciuga.
Se avete fatto tostare bene i chicchi, vi serviranno dai venti a trenta minuti. Dopo dieci minuti di cottura aggiungete metà dei chicchi di melagrana tenuti da parte precedentemente. Mescolate per bene. Continuate a mescolare ed aggiungere brodo.
Quando, secondo voi, mancano due/tre minuti a fine cottura, aggiungete l’erba cipollina tagliata a barilotti e mescolate ancora, e ancora… e ancora.
Ci siamo, il riso è cotto. Spegnete la fiamma, aggiungete il burro ed il Parmigiano e mescolate delicatamente. Questo fase della preparazione si chiama mantecatura. Se siete bravi mantecate a onda; dovete scuotere la padella avanti e indietro (quasi come si fa per saltare la pasta) in modo che il riso segua il movimento ritmico e formi delle onde in superficie. Così facendo si miscela nel modo migliore possibile.
Dopo qualche attimo di mantecatura, coprite con un canovaccio e lasciate riposare per due minuti.
Il trucco: togliete lo strofinaccio, aggiungete del brodo (solitamente due mestoli piccoli sono sufficienti) e mescolate delicatamente. Il riso diventerà cremoso!
Ponete nei piatti guarnendo con i semi di melagrana rimasti. Se ne avete tenuta da parte, divertitevi con dei fili di erba cipollina. La fantasia in questi casi aiuta molto (non fate come me, quando la distribuivano io mi sono dato per malato!).
I consigli di Angelo
Tenterei un abbinamento con un vino bianco siciliano, più precisamente un Alcamo della casa vinicola Pellegrino Duca di Castelmonte.
È un vino normalmente abbinato a piatti a base di pesce, il suo gusto di mediamente strutturato ma morbido, lascia tentare l’accoppiamento con questo piatto dal carattere così deciso. Il rapporto qualità/prezzo è ottimo, potete bere questo vino spendendo circa 8 Euro. Non lasciatevi tentare del bianco Alcamo destinato alla grande distribuzione; si tratta di un ottimo vino ma decisamente di un’altra caratura.
Tareni del Duca Alcamo
Vino Bianco ad Indicazione Geografica Protetta, Terre Siciliane
Provenienza: Territori della DOP Alcamo, ricadenti nelle province di Trapani e Palermo.
Vinificazione: Tradizionale, in bianco con pressatura soffice, fermentazione a temperatura controllata
Affinamento: Acciaio inox, si completa in bottiglia.
Colore: Giallo paglierino, talvolta con riflessi verdolini
Profumo: Delicato e floreale.
Gusto: Secco, morbido di media struttura.
Se volete saperne di più: Cantine Pellegrino
Cosa ascoltare
“…e per quanta strada ancora c’è da fare, amerai il finale”.
E l’ex leader dei Lùnapop ne ha fatta veramente tanta di strada da …Squerez, album di esordio del gruppo.
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